Un piccolo libretto rosso, una rilegatura cartonata telata. Un titolo suggestivo, LES CHAMBRES - poème du temps qui ne passe pas. Una firma illustre, Louis Aragon[1]. Questo piccolo gioiello, questo poema fatto di stanze – camere d’albergo, o nidi, come l’autore stesso accenna nella postfazione – mi ha trovata su una bancarella di libri usati, ed è stato subito amore. Ultima raccolta poetica di Aragon, pubblicata nel 1969 in Francia ed inedita in Italia, costituisce l’ora dei bilanci di una vita, quella in cui egli interroga i suoi temi prediletti: l’amore per Elsa Triolet[2], la donna con cui ha condiviso quarant’anni della sua vita, la poesia, il tempo, l’impegno politico e civile. “Tutte le stanze della vita in fin dei conti sono/ cassetti rovesciati” e noi che leggiamo rovistiamo con il poeta e ci immergiamo in immagini potenti rese da versi spogliati da ogni orpello e punteggiatura, ritmi incalzanti che scagliano parole che volteggiano come lucciole per tutta la stanza. Il poema dedicato ad Elsa, già malata, è (anche) uno struggente commiato da lei: “perché tutto passa ma non il tempo di avere amato, di amare ancora, fino all’ultimo respiro, presto, quest’ultima parola vicina e terribile” La struttura dell’opera è originale. L’inizio è affidato ad alcune poesie che introducono il tema delle stanze di un albergo e dell’onirico viaggio nel passato, grazie anche all’escamotage del ritrovamento di un foglio a quadretti ingiallito (Le papier quadrillé è il titolo di una piccola sezione del poema) Un giorno nero dentro una Casa di menzogne Tutta colorata dietro quinte Senza colore Le mura diroccate le porte Silenziose Cabine d’ascensori da cui Occhi tra le dita Ci seguono ovunque Dappertutto SILENZIO scritto Il tempo fuma nel suo rifugio Abbiamo perso il copione Tutto il passato per sbaglio È andato perduto Abbiamo le ali amputate Ripiega nella mia mano la tua mano tremante Non è questo il piano Siamo saliti ancora di un pianerottolo con La scala di ferro dai gradini traforati Chi lo sa La vita in fin dei conti è una Brutta fotografia La gente ti stringe tra i suoi Guanti sconosciuti E’ di te che parlo, mentre volgo I miei occhi verso i tetti E’ di te che parlo, dei tuoi occhi della tua memoria Paura lieve quando parli paura quando Taci Paura dell’immagine e della frase Paura come a volte si è gelosi Di altri occhi aperti solo per vederti In questo secolo bizzarro una donna può essere la preda e l’ombra altrui Pazzo sono stato a portarti qui Come ora vorrei trattenerti per me solo Vorrei Conoscere la bambina che fosti, l’albero a cui Ti appoggiasti Vogliono conoscerti per primi Mi avvolgono con le loro luci Non è la prima volta che cercano Di portarti via Da me né L’ultima Avrei voluto averti solo per me, con Il mondo come una camera d’hotel Il tempo a volte si esprime come un pittore Cambia colore o se preferite impallidisce Seguono quindi le dieci stanze d’albergo, i dieci cassetti rovesciati, come dice l’ultima stanza, quella dell’addio: Scrivo per dimenticare scrivo dei miei passi/ per cancellare i miei passi per/ perdermi e questi versi non sono/ nient’altro che l’inizio del silenzio/ non ascoltare sempre il coltello/ che mi lavora il cuore. La morte di Elsa si avvicina, e con essa il distacco. Una sera di biancospini in fiore ai confini dei Profumi e della notte Una sera profonda come la terra del silenzio Una sera così bella da credere fino alla fine Di dormire il sonno delle tue braccia Nel paese senza nome senza risveglio senza Sogni Il nostro luogo dove tutto è nudo Ho la fortuna di sapere il francese quel che serve per leggere questo poemetto straordinario. Ci sarà forse un Editore disposto a pubblicarlo in italiano? L’articolo e la traduzione sono di Daniela Bianco
[1] Tra i fondatori del movimento surrealista insieme all’amico Breton, Aragon, insieme a Desnos, Eluard, Prévost ed altri poeti francesi si schierò risolutamente contro il Nazismo e a favore della resistenza, rompendo con l’amico Drieu La Rochelle proprio a causa delle posizioni filonaziste di quest’ultimo. Partecipò attivamente, insieme alla moglie, alla resistenza. [2] Elsa Kagan Triolet, nata a Mosca nel 1896 da una famiglia benestante, è la sorella minore di Lili Brik, storica musa e compagna di Majakovskij. Sposò un ufficiale francese, Andrè Triolet, che lasciò dopo pochi anni. A Parigi, dove si trasferì, frequentò l’ambiente surrealista e conobbe Aragon, di cui diventò amante, musa e nel ’38 moglie. Scrittrice, partigiana, attivista, giornalista, fu la prima donna a vincere il premio Goncourt. Assistette al processo di Norimberga scrivendo un reportage per Lettres Françaises. Morì nel 1970, pochi mesi dopo la pubblicazione di Les Chambres.