La nicchia - numero 34 - Le ultime poesie di Giovanni Peli
Nella centuria o manipolo dell’ultima e, a dir suo, definitiva raccolta di poesie di Giovanni Peli, dal titolo emblematico: Poesie. 1994-2024; ne estraggo come un chirurgo tre, perché fanno da summa, insindacabilmente a mio giudizio, di quello che è un rigore logico e al tempo stesso illogico del tempo, per non dire dell’era, che stiamo vivendo tragicamente e attraversando miracolosamente.
Si progettano nuovi mondi
sotto il sole di marzo,
uno schiaffo alla neve.
Ognuno ha ciò
di cui non può saziarsi.
I mondi fatti di assenze.
Ogni male muore
reciso dal sole di marzo.
Siamo due con un bambino stasera grazie
se può vicino all’area bimbi
e personalmente spero di campare fino a giugno
almeno vedo il piccolo bagnarsi in acqua
nel frattempo anche la Lombardia offre un po’ di verde
ma noi saremo sempre quelli che stanno nell’altro giardino
dove si va a immaginare la puzza buona del mare
nel fazzoletto verde tra i condominii non c’è niente altro
solo margherite e sparuti cavallucci a molla
ci vai sopra amore mio e sembri finto anche il cielo sembra finto
e converrebbe che non mutasse non piangesse
non fosse al centro di piani apocalittici
coordinati da ambientalisti profeti e affaristi
io da un po’ ho ripreso anche a pregare per rilassarmi
ma lo faccio anche chiedendo che tu amore non veda compiuta
la catastrofe che stiamo preparando
ma che con coraggio vada incontro al tuo abisso
senso ultimo del nome amore
quieta promessa di ogni ferita
dolore infinito di tutti i tuoi pensieri.
Per il non più poeta Giovanni Peli, dunque, “Si progettano nuovi mondiˮ ancora e per fortuna, anche se essi sono fatti di silenzi e assenze, e una famiglia si crede possa avere ancora la speranza di abitare il mondo città. Nonostante quel che conti, invece, sia vivere l’abisso chiamato amore, destino di ogni ferita che ci portiamo realmente addosso.
Ma più di tutte, è proprio l’ultima poesia che ho scelto a irrorare di gioia ‒ quella gioia che ostentava il grande padre Sereni ‒ il desiderio dell’autore, che si compie nel sogno e nel bisogno di possedere e donare ancora “fiori rari/ sopravvissuti all’indifferenzaˮ; e che si compie nell’ostinazione e nella forza di “allevare draghiˮ al posto di ingenuità fatali. (Giorgio Anelli)
Tu menti e mi guardi
come se io ci credessi;
contempla steli d’erba e lune,
intreccia le stelle invece,
ascolta quante voci
nelle pietre lugubri e storte.
Tu che conosci l’arma
e non ferisci,
ecco a te fiori rari
sopravvissuti all’indifferenza,
ecco luci incontaminate e vitali:
io voglio allevare draghi
e altre divinità,
altro che finali
altro che ingenuità.