Giorgio Anelli

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VOCI LIBERE - 6 - "Dovevo arrivare all’aurora"

2025-02-20 21:49

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Rivista letteraria,

VOCI LIBERE - 6 - "Dovevo arrivare all’aurora"

Sul misticismo di Alessandro Deho'

Non conosco Alessandro Deho’, ma di lui mi ha attratto l’esilio nel quale si è conficcato a capofitto. Ripeto, conosco poco, quasi nulla di lui, eppure ne avverto le inquietudini, le mistiche lontananze, le infinite lotte con l’eterno.


Uomo di fede ‒ senz’altro. Uomo libero, soprattutto. Ecco, ciò che mi interessa per davvero. Ovvero, il fatto che con un libro ci abbia detto: “piacere, mi presento, io sono…ˮ


E chi è dunque Alessandro Deho’? Un uomo che ha accolto nel suo cuore ferito, prima ancora che nella sua mente, le mistiche “disadattate votate all’invisibile.ˮ Un uomo che è stato infermiere in psichiatria (chissà come mi avrebbe accolto?). E ancora, un uomo che “al vangelo addomesticato in pseudo cultura imperanteˮ ha preferito l’abbandono totale di sé. Insomma, un Carmelo Bene all’incontrario. Colui che ha fatto del Carmelo, la nitida essenza della solitudine con l’assoluto.


Ma ciò che mi attira ancora di più di lui ‒ così scrive nell’introduzione al libro Mistiche che ha curato insieme a Davide Brullo per i tipi di Pangea/Magog ‒ è “il rischio di tornare a fare i conti con una fede brada, lasciando al Verbo di tornare a prendere i tratti selvatici di una tigre. Correndo il rischio ‒ insomma ‒ dell’agguato mortale.ˮ Insomma: perdere la faccia ancora! In nome di un ideale, per conto di donne che quell’ideale l’hanno accolto fin nelle viscere della pazzia, della punizione, dell’umiliazione, andando contro al catechismo di facciata.


“Come per Giacobbe, come per ognuno di noi, la fede diventa spazio di conversione solo se purificata da notti di lotta vissute in solitudine. Solo davanti a mistici testi lontani dalla mia sensibilità, solo a lottare con esperienze che mi sembravano solo psicosi del passato, solo a sporcarmi le mani con un modo altro di credere: immediato, carnale, diretto. Solo, al fianco di queste donne che hanno subito la persecuzione di un’istituzione che invece tutela me e il mio stile di vita. Solo, a subire l’inconfessabile fascino di queste donne-angelo violente e bellissime. Non potevo arrendermi, dovevo arrivare all’aurora, cadere totalmente in mano loro sarebbe stato come rinnegare la mia identità, altrettanto fuggire senza lottare. Dovevo arrivare all’aurora.ˮ


Ecco, questo e molto altro ci dice di sé Deho’. Soprattutto a me di lui cattura la scelta di un esilio con l’assoluto, insieme all’eterno, lontano dagli occhi del mondo, ma vicino all’ascolto di donne che sparano come colpi di fucile parole mistiche e potenti. Parole d’altri tempi. Parole che come il fuoco bruciano nelle stanze ignote del domani.


Dobbiamo arrivare all’aurora! A quel fuoco! Dobbiamo almeno tentarlo.


E l’esempio di questo prete è qualcosa che mi ricorda la mia fede codarda eppur viva. Sì, viva! Al di là delle apparenze.


 


Giorgio Anelli