Cristina Campo muore oggi, quarantasette anni fa, lasciando un vuoto che nel tempo si rivela rilevante. Un vuoto, insomma, che le sue poesie e i suoi saggi ‒ per non dire l’opera tutta, comprese le lettere e le traduzioni ‒ colmano immancabilmente. Pur essendo poetessa e scrittrice di culto, ha saputo infondere nella mia anima irrequieta, più che un’ossessione, un rispetto crescente per e verso la parola. Molte, difatti, le sue frasi celebri che colmano e calmano la mia inquietudine, sorreggendola nell’attraversamento dell’ignoto. Fra tutte: «dovremo rendere conto di ogni parola scritta» e «ricordati che hai un’anima, e un’anima può tutto». Ha sempre cercato parole ricercate, Cristina. E, certamente avrei fatto carte false per poterla conoscere in vita. Ciò non di meno, le parlo e le scrivo. È qui con me, e oggi la commemoro, proprio come una ricorrenza religiosa, tanto cara al suo essere cristiana. Fu donna inquieta. Forse per questo la cerco e l’ammiro e l’ascolto: la rivedo come riflessa in uno specchio. Giorgio Anelli