Giorgio Anelli

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La nicchia - numero 38 - La parola-parabola di Nickole Brown

2024-05-03 19:10

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Rivista letteraria,

La nicchia - numero 38 - La parola-parabola di Nickole Brown

"Quello che intendo è che potremmo ripulire/ dalla violenza il nostro linguaggio"

Il testo che segue, della poetessa americana Nickole Brown, si è aggiudicato nel 2024 il Treehouse Climate Action Poem Prize, un premio dedicato a quegli autori che attraverso la loro arte contribuiscono alla sensibilizzazione nei confronti delle problematiche ambientali.


Nickole Brown, originaria della Carolina del Nord, ha studiato letteratura all’Università di Oxford ed è autrice di diverse opere, tra cui The Donkey Elegies (Sibling Rivalry Press, 2020).


 Il testo proposto è interessante sia a livello contenutistico, ponendo l’accento sul punto di vista dell’animale (una giumenta), sia a livello linguistico e meta-linguistico.


In estrema sintesi, l’autrice chiede una pulizia del linguaggio prima di approdare a una pulizia della vista e della coscienza. Per non perdere la forza dei primi versi, ironici e taglienti, si è scelto di optare per una traduzione letterale o che comunque non inseguisse l’equivalenza culturale (“kill two birds with one stone” sarebbe in italiano il meno cruento “prendere due piccioni con una fava”, e “there’s more than one way to skin a cat” equivale all’innocuo “tutte le strade portano a Roma”).


Il titolo stesso, Parable, gioca con la doppia etimologia del termine parabola che è sia racconto istruttivo ma anche, a partire dal latino volgare, parola. La giumenta della poesia non sa parlare ma sa della cicala, del gallo, dei suoni e dei gesti. La parola che cade, in una parabola discendente, può essere salvifica nel momento in cui si incarna nel vivente ovvero si riappropria di un rapporto equilibrato e rispettoso della sua funzione pura.


La comprensione della poesia, potente e solo in apparenza didascalica (anche se il titolo rimanda ovviamente ad una qualche forma di insegnamento), si arricchisce nel momento in cui si va a indagare il ciclo vitale delle cicale (in particolare quello della specie americana Magicicada): esse vivono infatti, in uno stato ninfale, per 13 o 17 anni sottoterra, nutrendosi delle radici degli alberi. Quando il ciclo “oscuro” è completo, scavano delle piccole gallerie verso la luce, perdono l’esoscheletro giovanile, irrigidiscono le ali e iniziano il loro volo.


Non è quindi un caso che l’autrice abbia scelto questo piccolo insetto come simbolo di resilienza e armonia naturale, in un ciclo dove tutto trova una propria collocazione.


L’autrice ha inoltre messo in evidenza che “di recente il ciclo vitale ancestrale delle cicale è stato messo a rischio, secondo la comunità scientifica, dalla crisi climatica. E’ mia speranza quindi che la loro “emersione” sia da noi interpretata non come un’invasione ma come benedizione, e che possano cantare la loro canzone anche in occasione delle prossime levate simultanee, attese tra 221 anni a partire da ora*”.


*Le levate simultanee delle Magicicada sono un evento eccezionale nel regno animale. Si verificano appunto quando due generazioni di cicale periodiche emergono contemporaneamente dopo 221 anni.


 


Parabola


Nickole Brown


 


Non uccidiamo con una pietra un uccello,


tanto meno due. Non mettiamo mai un gatto


nel sacco e neppure scuoiamolo, per quanti


infiniti modi ci siano per farlo.


E mai prendiamo il toro, specialmente


per le sue meravigliose corna. Quello che intendo


 


è che potremmo controllare le nostre lingue o stare


in silenzio. Quello che intendo è che potremmo ripulire


dalla violenza il nostro linguaggio. E se troviamo


la verità nella bocca di una cavalla, benediciamo i suoi


 


molari consunti, non importa quanto sia vecchia


specialmente se ci è stata data


in dono. Di nuovo, apriamo la bocca- quella della cavalla,


intendo-tocchiamole gli spazi vuoti tra i denti dove


denti non sono cresciuti, dove il morso freddo si incastrava.


Toccatela lì, finalmente con gentilezza, toccate quel morbido


 


vuoto tra incisivi e molari, massaggiatele


le gengive delicate e doloranti. Non abbiate paura, la state calmando-


è ormai anziana, la descriveremmo come


usurata, non morderà. Ha superato


per due volte la venuta delle cicale, con cadenza di tredici anni ciascuna,


 


e nonostante il loro insorgere sia stata una invasione divina,


pensava che ogni insetto che turbinava fosse la ripetizione


dei tanti nomi di dio, perché per lei dio è


nelle erbe e ciò che dall’erba arriva è


dio. Lei non si esprimerebbe così. Neppure potrebbe


 


dire la parola cicala-le parole sono trappole


per ciò che può essere detto per mezzo del corpo, sono


quello che lei tollera quando viene cavalcata,


forza prima e basta dopo. A seguire


è tutto un brava ragazza, Mable, brava ragazza,


 


prima che la sella sia ripulita dal sudore


con acqua dalla canna e la carota sia offerta


sul palmo della mano. Sì, le parole sono


 


di solito inutili mentre lei invece ascolta


il gallo confuso che balbetta quando il sole


gli brucia la calotta, quando c’è caldo a sufficienza


per quei custodi del tempo per scavare gallerie dal buio


verso la luce e innervare le ali per averle


rigide e capaci di volare. Per lei è il suono


 


dell’inverno che arriva nella sua criniera-


dell’inverno che abbandona la sua criniera


sì, quel suono-come un ssh! liquido


come il desiderio colmo di sangue dello stallone, che una volta conosceva


ma più nitido, un fruscio secco di foglie


autunnali. Sì, quel suono, mentre riempiono le loro nuove ali


poi legname per la tettoia per chiederle


vieni qui, vieni qui, vieni


qui, adesso vieni.


 


Se questa è una parabola che non capisci


allora, caro umano, smetti di prestare attenzione alle parole.


Presta invece attenzione a criniera, vento, ali.


vento, criniera, ali, ali, ali.


La lezione qui è della cavalla


e degli insetti, e persino del gallo


pieno di sé, che passa oltre. Poiché adesso,


adesso c’è solo una cosa che valga la pena ascoltare


ed è la supplica di ogni essere vivente in quel campo


che chiamiamo nostro, è il comandamento di due parole


che vibra dagli alberi: lascia vivere, lascia vivere, lascia vivere.


Lo senti? Per piacere, dicono. Per piacere.


Lasciaci vivere.


 


Parable


Copyright © 2024 by Nickole Brown. Originally published in Poem-a-Day on April 28, 2024, by the Academy of America


 


Elena Cattaneo


 




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