La poesia è infinita: ci sarà sempre un poeta nuovo che nasce al mondo e che aspetta di essere letto; così come ci saranno sempre versi immortali che una volta scagliati orbitano nell’universo e annullano il tempo e lo spazio. Così capita di incontrare il brasiliano Murilo Mendes, classe 1901. A 9 anni – leggenda o verità, poco importa – scrisse il suo primo verso, folgorato dal passaggio della cometa di Halley: “Passa la luce, passa la poesia, tutto il mondo passa”. Bambino esuberante, lettore formidabile, scappò dal collegio a sedici anni per andare a vedere Nijinsky che si esibiva a Rio de Janeiro con i Balletti Russi. Rimbaud, Apollinaire, Whitman lo tengono per mano e guidano la sua scrittura. Visionario, ironico, dirompente, Mendes mette in versi la sua insofferenza per la violenza, la guerra e la dittatura, mostrando a chi legge il cosmo visto con i suoi occhi: ora mortifero, ora palpitante di vita; all’uomo, ostaggio di forze che non comprende, non resta che dibattersi, attendere, maledire. E anche fiorire. Tra immagini potenti e oniriche la morte e la vita si contendono l’umanità che invoca la pace e ne strappa dei piccoli pezzi a morsi. Soffia sui suoi versi un vento che viene dal passato, lo stesso che a Lisbona scompiglia i capelli di Pessoa e che sfoglia le pagine a Pound, a Ungaretti, a Valery, a Majakovskij. Dal 1957 accettò la cattedra di letteratura brasiliana all’Università la Sapienza e si trasferì con la moglie a Roma; la loro casa divenne un ritrovo di musicisti, poeti e pittori. Undici anni dopo, per Guanda, uscì “Ipotesi”, una raccolta di poesie e testi poetici scritti interamente in italiano. Lo dicono modernista, avanguardista, simbolista. A dirla tutta, anche questo poco importa: è un Poeta, e tanto basta. Solidarietà Sono legato per eredità di spirito e di sangue Al martire, all’assassino, all’anarchico, sono legato alle coppie sulla terra e nell’aria, al bottegaio qui all’angolo, al prete, al mendicante, alla donna di vita, al meccanico, al poeta, al soldato al santo e al demonio, costruiti a mia immagine e somiglianza Il poeta knock out Erompe la magnolia del seno: E’ finita, ecco è finita, Il mondo rotola nelle mie ciglia, il tuo sorriso è un intervallo nell’eternità. Appendo il creato capovolto Alle mie debolissime dita, il mondo telegrafa invano a un Dio in corpo nove. Che faremo del mondo di domani: perché non evadere attraverso i tuoi occhi, aggrappato ai tuoi capelli! La notte è un riassunto di foie, di singhiozzi di martiri anonimi, di pianti e grammofoni in ombra. Io non fui fatto per pensare dopodomani, fui fatto per terminare (…) Assassinano cinesi fratelli miei Fucilano russi fratelli miei Impediscono al bambino Gesù mio padre Di nascere in Russia I brasiliani si sbronzano di futuro Non sono brasiliano né russo né cinese Sono della terra che mi dice eternamente NO Le onde trattengono il respiro per un minuto In omaggio ad un pesce ch’è morto (…) Soluzione soluzione soluzione macché soluzione Non c’è nessuna salute Non c’è via di uscita Non dormo più non sogno più Cercherò di non credere in me stesso Forse io non esisto Forse sto travolgendo fanciulle poemi automobili Perché sono un semaforo Rappresento il disanimo sparso d’una generazione E molte cose le soffro per gli altri Io per me spesso non soffro neppure. I transatlantici sono stupendi Ma non distraggono l’uomo dall’idea fissa dell’eterno. Forse la liquideremo l’eternità Con grida Colt eccellenti Fucileremo tutti i santi martiri Arresteremo la luna Intimeremo alla nostra forma razzo – folletto Di comportarsi con un po' più di decenza. E che altro Intimeremo a Dio Che non ripeta lo scherzo della Creazione Salveremo quelli che dovevano nascere dopo E se Dio rimarrà incrollabile Annunceremo alla Vergine Maria Che nessuno dovrà nascere mai più La tentazione Dinanzi al Crocifisso Io pallido mi fermo Tremando: “Visto che sei il vero figlio di Dio, schioda l’umanità da questa croce” Laggiù Laggiù, dove la polizia serve ad arare i campi, Laggiù, dove nessuno cresce o diminuisce, Laggiù, Dove le navi da guerra dormono nelle bottiglie, Laggiù, dove Oriente e Occidente dialogano affacciati alla finestra. Laggiù, dove ciascuno Ha il suo pane, la sua donna, la sua pace, Laggiù, dove le cantilene antiche muovono il fiume, Laggiù, dove si uniscono la forma, la parola e l’energia, Laggiù, dove Dio cammina con piedi d’ombra, Laggiù, dove la morte dice “Voglio nascere”. Da “IPOTESI” (scritte in lingua italiana) L’uovo n. 2 Nessuno conoscerà Ipotesi La morte sarà ovale o quadrata? non sarà mai scritta. Epigramma Il male che non abbiamo mai fatto @bigail (Le poesie, ad eccezione delle ultime tre, sono tratte da Poesia e Libertà, antologia poetica a cura di Ruggero Jacobbi, Sansoni editore)
la mia tenda di ovatta
sotto l’albero cilindrico
dove un uccello cinguetta
mentre noi due aspettiamo
il coltellino di fuoco
che presto ci spezzerà.
chi la ospita con un teorema?
chi veramente spezzando
il sole arcaico dell’essere
la potrebbe agognare?
Ragiono di amore e di tempo:
la morte ahimè! “mi fa tremar le vene e i polsi”
ma personifica la fine di ogni sistema
La morte ovale o quadrata
ci punge qualche volta
più di un rimorso ottuso.