La nicchia - numero 26 - Alfonsina Storni (1892-1938) – la negazione del mare

Alfonsina Storni Martignoni è morta suicida a 46 anni, annegata. Una vita breve, iniziata nel Canton Ticino e terminata in Argentina, dove i genitori si erano trasferiti quando la bambina aveva quattro anni. La sua biografia avrebbe potuto essere molto lineare: figlia di genitori non poveri (producevano birra) ma non particolarmente fortunati (in Argentina aprirono un ristorante che dovette chiudere presto), ricevette un’istruzione “da ragazza” (fece anche la maestra nelle zone rurali) e poi, non appena potrà, sarà lei a scegliere. C’è però qualcosa di diverso in questa donna, un’anomalia che si alimenta di curiosità, uno spirito irrequieto e malinconico. Le foto che la ritraggono mostrano occhi che cercano, affamati. I fili di perle sono un inganno e un presagio.

Ogni evento cruciale della sua vita la riconsegna al ricordo e la modella. Dalla maternità (decise di non rivelare mail il nome del padre e abbracciò il ruolo di ragazza-madre in anni molto complicati in cui esserlo) alla malattia (un tumore recidivo al seno che la porterà alla pianificazione del suo suicidio). Non è un caso che, studi canonici a parte, il suo primo incontro con la letteratura sia il Teatro, si unirà infatti ad una compagnia con la quale viaggerà per tutto il paese portando in scena, tra gli altri, Ibsen e Pérez Galdós. Ogni evento che la contraddistingue, fino all’ultimo estremo gesto, è caratterizzato da una forte rappresentazione e consapevolezza della propria solitudine e dell’inevitabile “pubblico”. Alfonsina è una donna conscia della scatola che la racchiude ma non se ne fa soffocare bensì la sfida, questo avviene atto dopo atto. Le sue foto sono in realtà ricordi sonori, i suoi occhi emettono un ronzio cupo e solare.

Poeta modernista tra le più interessanti della sua epoca, conobbe tra gli altri Lorca, Borges e Pirandello. I suoi primi testi erano comparsi su Mundo Argentino ma sarà solo, a seguito delle difficoltà economiche, con il trasferimento a Buenos Aires (dove farà nascere suo figlio) che si delineerà la sua carriera poetica, principalmente a partire dalla collaborazione con la rivista Caras y caretas.

Tra il 1918 e il 1938 pubblicherà otto raccolte poetiche e stringerà un importante sodalizio umano e poetico con il poeta uruguayano Horacio Quiroga. A partire da Languidez, del 1920, la critica si accorge di questa donna acuta, non convenzionale, dichiaratamente socialista (mise grande impegno nel diffondere la lettura e le biblioteche nelle zone più povere del paese) ma con i riconoscimenti e la notorietà arriverà anche un profondo disagio e una crescente instabilità psichica, inasprita dalla malattia. L’epilogo è noto e plateale, Alfonsina di nuovo sceglie quando chiamare il sipario, compone Voy a dormir, la invia al giornale La Nación e, il giorno dopo, si immerge come una vergine capovolta, attratta dagli abissi.

https://youtu.be/UOWmR-w1oQU 

YO EN EL FONDO DEL MAR

En el fondo del mar
hay una casa
de cristal.

A una avenida
de madréporas
da.

Un gran pez de oro,
a las cinco,
me viene a saludar.

Me trae
un rojo ramo
de flores de coral.

Duermo en una cama
un poco más azul
que el mar.

Un pulpo
me hace guiños
a través del cristal.

En el bosque verde
que me circunda
-din don... din dan...-
se balancean y cantan
las sirenas
de nácar verdemar.

Y sobre mi cabeza
arden, en el crepúsculo,
la erizadas puntas del mar.

 

Io sul fondo del mare

Sul fondo del mare

c’è una casa

di cristallo.

 

A un viale

di madrepore

ci conduce.

 

Un grande pesce d’oro,

alle cinque,

mi saluta.

 

Mi porta

un ramo rosso

di fiori di corallo.

 

Dormo in un letto

un poco più blu

del mare.

 

Un polipo

occhieggia

al di là del vetro.

 

Nella foresta verde

che mi accerchia

-din don…din dan…-

ondeggiano e cantano

le sirene

di madreperla verdemare.

 

Sopra la mia testa,

bruciano, al tramonto,

le acuminate punte del mare.


L'articolo su Alfonsina Storni e la traduzione di YO EN EL FONDO DEL MAR sono a cura di Elena Cattaneo