La nicchia - numero 48 - Sandro Penna: la fragilità e il malessere di un grandissimo poeta italiano
“Oh desolato all’alba
volo di basse rondini
sulla città deserta…"
Sandro Penna
Ore 5:20 di domenica,14 luglio 2024. Dal terrazzo della
casa di campagna, qui in Puglia, ammiro l’alba. Adoro quest’ora del giorno: nel
silenzio più vivo e più pieno, la gioia massima può avvolgerci o una totale
disperazione, assalirci. Niente compromessi, maschere, rassicuranti finzioni:
siamo soli e nudi di fronte a questo quotidiano e incommensurabile miracolo. In
tale “chiarore” così vicino a un indefinibile stato di grazia e di beante
quiete, potremmo intrattenerci a lungo nella lettura dell’opera poetica di uno
fra i poeti per antonomasia: Sandro Penna.
Porto con me la dolce pena. Erro
entro terre più belle dell’amore.
E mi affaccio sul mare che si batte
contro scogli per ridere con sé.
Solitario un fanciullo scorgo assorto
In qualcosa di oscuro ch’io non oso
Indovinare… Poi, scoperto, un guizzo
e un salto lo riportan gaiamente
a nasconder nel mare il suo peccato.
Sandro Penna (Perugia,12 giugno 1906 – Roma, 21 gennaio 1977) condusse per tutta la vita un’esistenza appartata, vivendo di lavori disparati, eppure frequentò con una certa assiduità poeti e scrittori come Pier Paolo Pasolini, Elio Pecora, Dario Bellezza ma fu l’interessamento di Umberto Saba, al quale Penna gli aveva inviato da leggere le sue prime poesie, che gli consentì una prima pubblicazione dei suoi testi. La sua raccolta d’esordio apparve però solo nel 1939 con il titolo di “Poesie”, edita da Parenti.
«Le tue poesie… mi sembrano un piccolo miracolo» scriveva Umberto Saba in una lettera indirizzata a Sandro Penna, il 4 Gennaio 1933; Bigongiari lo chiamava «un fiore con il gambo invisibile». Sappiamo che Penna segna, da noi, la fine dell’età ermetica. E questo accade per quella “irregolarità cronologica” che in lui è un fatto precostituito al suo poetare. Irregolarità che si fa “impurità purissima” che viene fuori come un assoluto naturale.
Mi avevano lasciato solo
nella campagna, sotto
la pioggia fina, solo.
Mi guardavano muti
meravigliati
i nudi pioppi: soffrivano
della mia pena; pena
di non saper chiaramente…
E la terra bagnata
E i neri altissimi monti
tacevano vinti. Sembrava
che un dio cattivo
avesse con un sol gesto
tutto pietrificato.
E la spiaggia lavava quelle pietre.
Penna si lamentava della “divina semplicità da poeta alessandrino” che gli attribuivano. Voleva essere piuttosto un «poeta del mistero». Ci è riuscito. Oggi, da morto, più che mai sfugge ancora alla critica che ne cerca il «senso più vero e profondo al di là del godimento nella sua apparente facilità». Ancora oggi, su di lui, molti poeti ufficiali fanno finta di niente. Si sentono disturbati dalla sua etica irregolare, dalla sua cosiddetta “orrenda condizione”, ma ne invidiano il mitico inarrivabile candore del linguaggio.
Credo che solo una nostra passione possa capirlo. Egli diceva «Voglio una passione gocciolante di viva passione …» Penna esorbita da ogni limite critico. Egli è fuori da ogni scuola e corrente e mai si adattò a certe definizioni critiche. Penna è questo: la tensione costante a una diversa realtà, che si traduce in un linguaggio sofferto della meraviglia. Come dice perfettamente Elio Pecora: «I suoi distici sono le folgoranti chimere di chi aspira a qualcosa che non gli toccherà». «A diciassette anni Penna immagina una fine di bellezza: destino del poeta è testimoniare un sogno e in esso sparire». Sparire dunque, che vuol dire essere superflui. Penna è colpito dalla povertà di questo “superfluo”. E questo “superfluo” ch’egli produce ci appare un qualcosa di grandioso che stordisce. Ecco: “questo superfluo grandioso che stordisce”! altro non è che la poesia.
La vita… è ricordarsi di un risveglio
triste in un treno all’alba; aver veduto
fuori la luce incerta; aver sentito
nel corpo rotto la malinconia
vergine e aspra dell’aria pungente.
Ma ricordarsi la liberazione
improvvisa è più dolce: a me vicino
un marinaio giovane: l’azzurro
e il bianco della sua divisa, e fuori
un mare tutto fresco di colore.
Una toccante apparizione di Sandro Penna è presente nel docu-film di Mario Schifano "Umano non Umano" del 1972. Una delle rarissime sue apparizioni che ci mostra la fragilità e il malessere di un grandissimo poeta italiano. Questo il link: https://youtu.be/Cm4MCjm2wgU?si=BAN-jzfMY-UtsZxF
Dora
Laera