Sulla poesia di Dora Laera
Scoprire passo a passo la poesia di Dora Laera è per me un privilegio. Difatti, facendomi dono di alcuni suoi inediti, dà la possibilità persino a se stessa e all'Italia intera di svelarsi e di svelare i suoi versi. Queste e moltissime altre poesie, per suo pudore antico, giacciono accatastate in un luogo a lei sacro, che gestisce, e dove si “rintana” a leggere e scrivere. È un'autodidatta Dora, si è fatta ‒ come me ‒ da sola, ma tende a nascondere ciò che sacro ritiene, temendo forse, non il giudizio della gente, ma che rendendo pubblico il suo scrivere, quel sacro potrebbe effettivamente svanire, in un mondo gonfio di pubblicazioni, però scarno di eccellenza.
Il suo Spazio poesia ‒ dal nome fiabesco e non buffo ‒ non per questo da sottovalutare ‒ l'ha chiamato “Gufo Penna e il segreto del foglio bianco”. È un luogo che la poetessa abita, vive, e sente profondamente vero. Dora difatti considera molto responsabilmente il leggere e scrivere versi. Vive a Putignano ed è Insegnante di Scuola primaria.
La sua poesia mi dà l'impressione di qualcosa di atavico, di meridionale appunto (non in senso spregiativo), dove “Una scia di seta vermiglia s'innalza / nell'aria di cenere bianca [...] sul petto di terra distesa // nel cerchio continuo di fuoco.”
Il fremito breve di una ferita
‒ ali spiegate in arbusto di spine ‒
pulsa, a tratti, dentro un battito antico
oppure, è suono sfinito di alce
in chiara bruma di sguardo spaurito
richiamo innocente di toro ferito
nel rosso lago dell'arena
Una scia di seta vermiglia s'innalza
nell'aria di cenere bianca - sprofonda
in esilio di zolla scoperta
mandorla chiusa - caduta che rotola
in solco scoglioso di cretto
oscilla di luce di perla
sul petto
sul petto
sul petto di terra distesa
nel cerchio continuo di fuoco.
La sua opera prima Dai silenzi dell’anima (Aletti Editore), è arrivata finalista al Premio letterario internazionale "Nabokov" 2017. Suoi testi sono stati pubblicati in diverse antologie poetiche. Ciò non di meno, vale quel che è stato detto poc'anzi. Forse che la poesia vera, o presunta tale, tenda a nascondersi (come già ho scritto in altra occasione), per un bisogno intrinseco di responsabilità verso l'ignoto ed il futuro; in maniera tale che un giorno, quel qualcuno che verrà dopo di noi, potrà dare adito o meno a una scoperta curiosa quanto eccezionale.
Fragile
la chiarità dell'ombra
all'imbrunire
L'orma fresca dei passi nudi
per la battigia
Fragile
il suono muto dell' attesa
nella gola
la parola sdrucciola
dalla cavità del cuore
Il fiore reciso
Il primo garrulo
ogni tonfo fragile
e l'abbandono
Il pianto mite del vecchio
La ragnatela al sole
La linea netta
fra il bianco e il nero
fragilmente, si frantuma
nell'iride lucente
la fragilità di un Nome amato
fragile figura e forma liquida
fragilmente, si sperde in mare
Fragile
Il canto sconsolato
di cicale al Sole
Fragile anche questo silenzio
di fragile pienezza
L'insistenza nel ripetere quella fragilità, che in fondo ci caratterizza, fino allo sfinimento, dà il segno e il timbro di chi vuol misurare le parole con quelle dei grandi classici, seppur forse esagerando. Tuttavia, credo che questa poetessa debba avere la possibilità di essere scoperta e / o quantomeno letta.
Sulla schiena brucia ancora un bacio
Cavalco il cielo che si specchia
nel grigio mattino di un addio
Il corpo è una tana di latte
Sento il vuoto annidarsi
l'ora più amara seguire il suo corso
La luce del giorno è un groviglio di stelle
Perdo sogni dalle mani
Si frantumano ai miei piedi
in moltitudini di passi
che rallentano la mèta
Cerco un appiglio, un antro sicuro
nell'odore fresco del fiume
che, lieve, mi trascina al baratro
fino al ciglio lucente di un fiore
Dopo tutto ‒ e, del resto ‒ quel verso splendido: “Perdo sogni dalle mani / Si frantumano ai miei piedi”, magari l'avrei voluto scrivere io.
Giorgio Anelli