La vita è qualcosa di potente, che in un attimo può commuoverti il cuore e poi può stracciarti come un foglietto di carta, inesorabilmente ‒ indubbiamente. La realtà (che poi è la vita) insegna molto alla letteratura. Anzi, è essa stessa ‒ indiscutibilmente ‒ la prima letteratura. Per deformazione professionale (in quanto educatore ‒ in quanto poeta) mi tocca osservare e subire (prima di reagire) la realtà. E se al mattino presto un ragazzino tenta di scansarmi dalla sua orbita visiva, credendosi dio, con una mossa imbranata ed effimera; lascio a tardo pomeriggio l’ambiente protetto dove lavoro, per entrarne in un altro. E questa sera, in ascensore, è salita con me una signora, che ha sentito il bisogno di dirmi che sua madre sta molto male, che le sue sorelle non vanno mai a trovarla, che sua madre è in gravi condizioni e che lei le vuole molto bene, perché hanno vissuto sempre insieme. E prima di lasciarmi al mio destino, aggiunge che questo è il momento più duro di tutta la sua vita… Uno pensa che in un ambiente protetto la gente sia protetta, ma purtroppo (in realtà) è solo vero il contrario. Così, improvvisamente, arriva in salone un infermiere mezzo euforico e mezzo ubriaco che esclama: Ci sono dei teli fuori dalla finestra, e sembra che sotto ci sia un morto! «Il signore ha voglia di scherzare», dico quasi ad alta voce. E tutti quei poveri vecchietti se avessero potuto lo avrebbero annientato all’istante, eppure in qualche modo hanno fatto sentire la loro voce. La realtà non insegna a vivere, è ‒ casomai o piuttosto ‒ irriverente. La realtà è letteratura. Giorgio Anelli