Le cose belle di oggi, giorno del Corpus Domini, sono due: mia mamma che s’illumina sempre di felicità quando vede Daniela, e l’aver portato la mia amata musa al Santuario della Madonna della Ghianda. Il destino, a tempi alterni, si è di nuovo palesato. E si è di nuovo rivelato a Mezzana di Somma Lombardo.
Non abbiamo potuto vederlo, perché c’era in corso la messa, ma abbiamo scoperto che dietro l’altare, nell’antica abside del Santuario, c’è un affresco di Michelino da Besozzo, raffigurante l’albero di Jesse.
L’albero, è un motivo frequente nell’arte cristiana tra l’XI e il XV secolo: rappresenta una schematizzazione dell’albero genealogico di Gesù a partire da Jesse, padre del re Davide, il quale è di particolare importanza nelle tre religioni abramitiche: l’ebraismo, il cristianesimo e l’islam.
Questo albero ‒ l’albero della vita ‒ è molto importante per me, poiché è simbolo della mia fede. E io porto al dito un anello con raffigurati tre alberi della vita. Ma l’albero è anche importante poiché ‒ come sempre ‒ letteratura, poesia e fede si fondono instancabilmente tra di loro, forgiando sensi ai destini.
Difatti, non solo l’albero è cantato nei Poemi rivoluzionari di Sergej Esenin, ma è cantato persino nei Canti Orfici di Dino Campana.
Non mi addentrerò oltre ‒ per il momento ‒ in questo bosco orfico, iniziatico, apollineo, dionisiaco e mistico che mi riguarda e mi appartiene. Basti per ora sapere che la parola, che è sacra, fa di una poesia un’immagine venerabile, se non inviolabile, sempre pronta a scardinare ‒ più che a fondare ‒ imperi, a vantaggio di civiltà.
Giorgio Anelli