Giorgio Anelli

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Sulla poesia di Dora Laera

2022-09-06 18:24

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Poesia, Dora Laera,

Sulla poesia di Dora Laera

Dopo tutto, quel verso splendido l'avrei voluto scrivere io

Scoprire passo a passo la poesia di Dora Laera è per me un privilegio. Difatti, facendomi dono di alcuni suoi inediti, dà la possibilità persino a se stessa e all'Italia intera di svelarsi e di svelare i suoi versi. Queste e moltissime altre poesie, per suo pudore antico, giacciono accatastate in un luogo a lei sacro, che gestisce, e dove si “rintana” a leggere e scrivere. È un'autodidatta Dora, si è fatta ‒ come me ‒ da sola, ma tende a nascondere ciò che sacro ritiene, temendo forse, non il giudizio della gente, ma che rendendo pubblico il suo scrivere, quel sacro potrebbe effettivamente svanire, in un mondo gonfio di pubblicazioni, però scarno di eccellenza.


Il suo Spazio poesia ‒ dal nome fiabesco e non buffo ‒ non per questo da sottovalutare ‒ l'ha chiamato “Gufo Penna e il segreto del foglio bianco”. È un luogo che la poetessa abita, vive, e sente profondamente vero. Dora difatti considera molto responsabilmente il leggere e scrivere versi. Vive a Putignano ed è Insegnante di Scuola primaria.


La sua poesia mi dà l'impressione di qualcosa di atavico, di meridionale appunto (non in senso spregiativo), dove “Una scia di seta vermiglia s'innalza / nell'aria di cenere bianca [...] sul petto di terra distesa // nel cerchio continuo di fuoco.”


 


Il fremito breve di una ferita


‒ ali spiegate in arbusto di spine ‒


pulsa, a tratti, dentro un battito antico


oppure, è suono sfinito di alce


in chiara bruma di sguardo spaurito


richiamo innocente di toro ferito


nel rosso lago dell'arena


 


Una scia di seta vermiglia s'innalza


nell'aria di cenere bianca - sprofonda


in esilio di zolla scoperta


mandorla chiusa - caduta che rotola


in solco scoglioso di cretto


oscilla di luce di perla


sul petto


sul petto


sul petto di terra distesa


 


nel cerchio continuo di fuoco.


 


La sua opera prima Dai silenzi dell’anima (Aletti Editore), è arrivata finalista al Premio letterario internazionale "Nabokov" 2017. Suoi testi sono stati pubblicati in diverse antologie poetiche. Ciò non di meno, vale quel che è stato detto poc'anzi. Forse che la poesia vera, o presunta tale, tenda a nascondersi (come già ho scritto in altra occasione), per un bisogno intrinseco di responsabilità verso l'ignoto ed il futuro; in maniera tale che un giorno, quel qualcuno che verrà dopo di noi, potrà dare adito o meno a una scoperta curiosa quanto eccezionale.


 


Fragile


la chiarità dell'ombra


all'imbrunire


L'orma fresca dei passi nudi


per la battigia


Fragile


il suono muto dell' attesa


nella gola


la parola sdrucciola


dalla cavità del cuore


Il fiore reciso


Il primo garrulo


ogni tonfo fragile


e l'abbandono


Il pianto mite del vecchio


La ragnatela al sole


La linea netta


fra il bianco e il nero


fragilmente, si frantuma


nell'iride lucente


la fragilità di un Nome amato


fragile figura e forma liquida


fragilmente, si sperde in mare


Fragile


Il canto sconsolato


di cicale al Sole


Fragile anche questo silenzio


di fragile pienezza


 


L'insistenza nel ripetere quella fragilità, che in fondo ci caratterizza, fino allo sfinimento, dà il segno e il timbro di chi vuol misurare le parole con quelle dei grandi classici, seppur forse esagerando. Tuttavia, credo che questa poetessa debba avere la possibilità di essere scoperta e / o quantomeno letta.


 


Sulla schiena brucia ancora un bacio


 


Cavalco il cielo che si specchia


nel grigio mattino di un addio


Il corpo è una tana di latte


Sento il vuoto annidarsi


l'ora più amara seguire il suo corso


La luce del giorno è un groviglio di stelle


Perdo sogni dalle mani


Si frantumano ai miei piedi


in moltitudini di passi


che rallentano la mèta


Cerco un appiglio, un antro sicuro


nell'odore fresco del fiume


che, lieve, mi trascina al baratro


fino al ciglio lucente di un fiore


 


Dopo tutto ‒ e, del resto ‒ quel verso splendido: “Perdo sogni dalle mani / Si frantumano ai miei piedi”, magari l'avrei voluto scrivere io.


 


Giorgio Anelli


 


 




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