L'esilio di un poeta

La mia vita, più o meno lentamente, sta cambiando. Ma non nel senso che col tempo, come col vino, si migliora (oppure si peggiora...). Nel senso, piuttosto (purtroppo e per fortuna), carveriano del termine. Certo, Raymond Carver ebbe le sue infinite e drammatiche difficoltà da vivere e affrontare. E “benvenuto al mondo!” direbbe il solito grillo parlante, del quale a volte non si potrebbe né dovrebbe fare a meno.

Fatto sta che la vita incalza, e l'esilio di un poeta diventa condizione fondamentale per affrontare la povertà e l'incontro-scontro con l'opera. Il mondo, del resto, non cambia: le conventicole sfoggiano le loro foto d'autore, e c'è persino dell'amarcord per importanti convegni, o festival in giro per l'Italia di pochi giorni addietro: luoghi prestigiosi o meno, poco importa. Mecenati ne esistono ancora, ma se li accaparrano sempre i più furbi. A me interessa avere una dignità, piuttosto.

Ma, appunto, come detto, il mondo non cambia. Il costo della vita aumenta. Gli stipendi no. Eppure io sono pronto, ribadendo che la scrittura è il mio riscatto, a urlarlo nello spazio-tempo di una riga.

Quale casa abiterò... Quale mistero che mi riguarda dovrò nuovamente scoprire, incontrare, tutelare?