Libertà! Libertà! Libertà!

Mi è capitato di leggere da qualche parte ultimamente, come pure di sentirmelo dire svariati anni fa a voce, che una cosa è la preferenza, tutt’altra la raccomandazione.

Per uno come me, che nel mondo della letteratura si è fatto da solo, e tutt’ora continuo ad essere un autodidatta, queste due parole acquisiscono un senso fastidioso, urticante come la rabbia, in quanto non le considero nel novero di un mondo che non mi appartiene affatto. Proprio per questo penso, appartenendo appunto a un mondo altro, che forse sono tagliato fuori dai giochi. Forse pure non mi considerano più di tanto.

Ora, non voglio cadere nel solito tranello della lamentazione, poiché mi ripeterei invano: poche o nulle recensioni su riviste, giornali e quant’altro…

Vorrei parlare piuttosto di libertà. Del fatto che un autodidatta è a tutti gli effetti un poeta pericoloso, che dà fastidio a molti, insinua posizioni di potere (penetrandole lentamente, per dar spazio alla sperimentazione, al nuovo e al vero). Persino nel mio esilio io sono libero di dire quel che penso. E sono fiero di non essermi mai venduto ad alcuno.

La libertà, del resto, non si creda sia un affare semplicistico. La libertà è uno stile di vita e letterario. Come scrissi nella mia Tesi di laurea su Pinocchio dal titolo inequivocabile: “Tra burattino e bambino, Pinocchio alla ricerca della libertàˮ, la libertà (per il burattino di legno, ma in sostanza per ognuno di noi) consiste nello stare fermi sul posto che ci è assegnato o, meglio ancora, che abbiamo scelto, per poter fare ciò che dobbiamo fare. Quindi, è esattamente l’opposto di una preferenza, o di una raccomandazione che ti permettono di fare tutto quel che vuoi. È semmai una decisione-azione ferma e perentoria che persevera nel quotidiano sentire e scrivere la realtà.

Qualsiasi circostanza ci è data da vivere, qualsiasi buio dobbiamo guardare in faccia e attraversare, a me interessa unicamente continuare a scrivere, perché altro non so fare. E so, che lo so fare meglio di molti altri vecchi e nuovi cardinali incensati dai giornali.

Giorgio Anelli