La nicchia - numero 13 - L’indifferenza è inferno senza fiamme

L’indifferenza è inferno senza fiamme.

Ricordalo scegliendo

Tra mille tinte il tuo fatale grigio.

Se il mondo è senza senso,                                                                                                                          

tua è la vera colpa.

Aspetta la tua impronta

questa palla di cera

Maria Luisa Spaziani l’ho conosciuta così. Il caso (o forse il destino) ha guidato le mie dita tra le pagine e mi ha assestato uno schiaffo in pieno viso con la poesia dell’inquietudine, l’indice puntato, gli imperativi da brivido.

Ma chi sei tu, autrice che mi arrivi dritta e mi scompigli come il vento?

Risponde lei stessa, con un’eloquente nota autobiografica nella prefazione alla sua autoantologia poetica:

“Dirigevo a diciannove anni una piccola rivista che si chiamava Il Dado, attraverso la quale mi trovavo in corrispondenza o avevo fatto amicizia con alcuni poeti e scrittori ai quali sarei stata vicina tutta la vita, da Mario Luzi a Sandro Penna, da Sinisgalli a Pratolini, per non parlare della fortuna (allora non pienamente valutata) di ricevere da Virginia Woolf (“per la ragazzina”) alcune pagine inedite di Onde (Waves)”.

La “ragazzina” si rivela sin da subito fatta di coraggio e di ardore, al punto tale da ottenere dalla Woolf – poco prima del tragico gesto, un contributo così prezioso per la sua rivista: una vera e propria outsider, diremmo oggi.

Maria Luisa Spaziani (MLS, come si firma), nasce a Torino nel 1922 e muore a Roma nel 2014. In questo ampio arco di tempo raccoglie nella rete lucente dei suoi versi perfetti i luoghi in cui vive: Parigi, Treviglio, Milano, Firenze, la Sicilia e Roma.

 Poeta e non poetessa (micidiale l’intervista in cui bacchetta affettuosamente l’interlocutore spendendo parole sulla poesia che non ha genere, e che se per caso si volesse attribuire al femminile il primato della sensibilità dell’animo e della delicatezza del cuore, allora si dovrebbe concludere che Proust è una donna), vive di amore e di passione: per la poesia, innanzitutto. E poi per la vita e il suo mistero che trasferisce in ogni verso talmente perfetto da incatenare saldamente chi legge a quello  successivo.

Si spezza la corda troppo tesa.

Troppo allentata la corda non suona.

La rosa trionfante è il punto zenith

Tra il germoglio e la morte.

Mettere il genio nell’uso del tempo.

Per il resto, il talento.

Una poetica, la sua, alla ricerca incessante dell’equilibrio tra gli opposti, ben sapendo che tale equilibrio non potrà essere trovato e che forse neppure esiste. Eppure sempre occorre andare, scandagliare i fondali dell’inconscio, la condizione umana beffarda (“al morto tutto cresce./ Al vivo tutto manca”), la gioia, accolta ma fugace (Foglia sull’acqua, tutta quella gioia/ lesta fluisce alla cascata”)

Donna carismatica e libera: un’amicizia amorosa con Eugenio Montale, per il quale è  la Volpe di bellissime liriche; una figlia amatissima avuta da un uomo di cui non rivelò mai l’identità; la spina nel cuore di Elemire Zolla, il grande amore giovanile che la lasciò dopo un lungo fidanzamento ed un breve matrimonio, per l’amica Cristina Campo, con la quale visse per vent’anni.

Leggere qualche poesia della raccolta “Il fuoco dipinto”, dedicate ad una donna pisana (pseudonimo della Campo, ndr), è d’obbligo: graffiano per la fierezza e l’eleganza della donna ferita nell’amore e nell’orgoglio ma non per questo abbattuta:

Ci scambiammo tesori senza prezzo.

Sprecai genio e speranze, notti e fede

Per lanciare quel ponte luminoso.

Raggiungerti è impossibile a ritroso.

Ogni passo s’impiglia – o serpe, o fogna –

Nella fitta gramigna del disprezzo.

Affascinata dalla poeta e dalla donna, mi procuro “La Freccia”, raccolta di racconti pubblicata da Marsilio.

Ritrovo la stessa energia che tesse trame in brevi spazi e  si mette alla prova con generi diversi: racconto zen, confessione, ballata dialettale, intervista immaginaria, storie brevissime ambientate in ogni luogo ed in ogni tempo.

Colpisce anche nella prosa la parola meditata, ricercata, trovata ed infine scagliata con forza nel testo perché vi rimbalzi e possa essere afferrata da chi legge.

Scriveva la Campo a Spaziani nel 1954:

“Mirabilmente il tempo si dispiega…”

Ricondurrà nel tempo questo minimo

Corso una donna, un atomo di fuoco:

noi che viviamo senza fine.

Io ho la certezza che anche noi che leggiamo, almeno per lo spazio di un lampo, viviamo senza fine.

@bigail