La nicchia - numero 107 - Il pettirosso nel linguaggio poetico di Emily Dickinson

2025-12-10 22:59

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Rivista letteraria, valentina-meloni,

La nicchia - numero 107 - Il pettirosso nel linguaggio poetico di Emily Dickinson

Dove la lingua diventa possibilità e il silenzio diventa significato

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quando è vuoto e quieto

il Pettirosso chiude il nido e prova le ali –

Ignora la rotta,

ma dispiega l’arte del volo

verso sussurrate primavere –

Non chiede il mezzogiorno,

non brama alcun dono –

Senza briciole, senza dimora, con un’unica richiesta:

gli uccelli che ella ha perduto.

 




F1632 - J1606 (1884) 

Quite empty, quite at rest, 

The Robin locks her Nest, and tries her Wings - 

She does not know a Route 

But puts her Craft about 

For rumored Springs - 

She does not ask for Noon - 

She does not ask for Boon - 

Crumbless and homeless, of but one request - 

The Birds she lost -

 

 

 

 

Nel vasto bestiario poetico di Emily Dickinson il pettirosso occupa un luogo privilegiato: piccolo compagno delle soglie – tra inverno e primavera, tra vita e mistero – è una presenza che ritorna in molte delle sue liriche come emblema di trasformazione e di “domestica rivelazione”. Non è mai soltanto un uccello: è una parola vivente, un segno che abita il margine tra il visibile e l’invisibile, tra ciò che si può dire e ciò che, per sua natura, sfugge al linguaggio.

 

Nella poesia Quite empty, quite at rest (F1632 / J1606), il pettirosso tenta il volo quando tutto appare immobile, “vuoto e quieto”: non conosce una rotta, e tuttavia dispiega un’arte. È un gesto che ricorda da vicino l’atto della poetessa stessa, che avanza nella lingua per intuizioni, per vibrazioni, per fenditure del silenzio. Il pettirosso, come Dickinson, non chiede “Noon” né “Boon”: non domanda ricompense, non cerca certezze, ma procede per una sorta di fede minima, un impulso che potremmo chiamare poetico.

 

In altre poesie questo simbolo si modula in varianti sottili. In If I shouldn’t be alive / When the Robins come (F493), il ritorno del pettirosso diventa misura del tempo e soglia dell’assenza: l’uccello continua il ciclo della natura anche quando l’io lirico teme di non esserci più. Il suo canto, allora, trasmette un messaggio di continuità oltre la fragilità individuale.

 

In The Robin’s my Criterion for Tune (F256), Dickinson fa del pettirosso un criterio estetico: è la sua voce a stabilire la “giusta intonazione” del mondo. L’uccello diventa così un accordatore metafisico, lo strumento mediante il quale la poetessa misura la verità del reale. Questa affermazione gioca con una sottile ironia, tipica della poetessa: la grandezza del mondo, e persino della trascendenza, passa attraverso il minimo, il quotidiano, il quasi invisibile.

 

In I dreaded that first Robin so (F347), la comparsa dell’uccello – che per convenzione annuncia la primavera – risveglia invece un sentimento di dolore: “I dreaded that first Robin so – / But He is gone, and I am done –”. Qui il pettirosso segna il passaggio delle stagioni interiori; è il primo richiamo del mondo che ritorna alla vita, ma che proprio per questo rende più acuto il senso di perdita dell’io poetico. Ancora una volta, un gesto naturale diventa cifra emotiva, linguistica, esistenziale.

 

Queste apparizioni, e molte altre, restituiscono l’idea di un pettirosso come soglia linguistica: Dickinson lo usa come “glossa” del silenzio, come metafora del dire esitante ma preciso. È un uccello che porta con sé la qualità dell’attimo e della rivelazione minima, e che per questo rispecchia perfettamente lo stile della poetessa, fondato sulla brevità, sull’ellissi, sulla luce obliqua (quella stessa “tell it slant” che definisce il suo modo di accostarsi alla verità).

 

Il suo linguaggio – fatto di trattini che aprono spazi, di maiuscole che elevano le cose comuni, di metafore fulminee – trova nel pettirosso un alleato: entrambi trattengono l’essenza del mondo senza mai esplicitarla del tutto, preferendo suggerire, sfiorare, evocare. Il pettirosso è una poesia naturale; la poesia di Dickinson è un pettirosso linguistico.

 

Nel celebrare il compleanno di Emily Dickinson, possiamo pensare a questo piccolo uccello come al simbolo della sua voce: lieve ma tenace, quotidiana e trascendente, sempre sospesa su un margine dove la lingua diventa possibilità e il silenzio diventa significato. Come il pettirosso, la sua poesia continua a tornare – ogni volta diversa, ogni volta nuova – per cantare ciò che abbiamo perduto e ciò che possiamo ancora sentire.

 

Valentina Meloni

Giorgio Anelli

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