A quale desco mi siederò domani?

Che posto ho io, oggi, nel presente? A quale desco mi siederò, domani? Avverto, vivo una fatica che mi sovrasta, alla quale però non posso dire di no. Un poeta sente il rischio come briciole di pane sfamano uccellini. Già, ma quale rischio… L’azzardo di stare nel mondo, in mezzo alla gente. Poiché la poesia, continuo a sostenerlo, si trova laggiù, in quell’anfratto poi non così tanto tetro dove pulsa il tamburo fremente del guizzo solitario e antico delle parole.

Non ho mai avuto recensioni su quotidiani nazionali, né su riviste. Mi chiedo ancora: Resteranno i miei versi, i miei romanzi, i miei racconti, i miei saggi come i miei testi teatrali, i miei infiniti epistolari tanto quanto i diari e gli appunti sui taccuini?

Insomma, non ho mai avuto segnalazioni “importantiˮ, eppure la gente mi cerca, chiede dei miei libri; il popolo stana il poeta, il popolo parla e scrive dei miei libri. Dovrei esserne felice. E difatti lo sono.

La mia cara musa, Abigail, sostiene l’importanza di un tale fatto. Ma i tempi intanto incalzano come avvisaglie sull’ignoto.

Dunque, dove abiterò domani? Quali mura sostituiranno la stanza-studio? Di essa resterà traccia un domani? E ancora: quale città abiterò?

 

Giorgio Anelli