Il poeta è un folle disadatto. Con i suoi versi incendia

Ho incontrato, per alcune volte nella mia vita (e spero che succederà ancora a lungo), tra apollineo e dionisiaco, un poeta ammaliatore di parole. Un poeta, intendo, pieno di contraddizioni e ambiguità. Del resto, chi non ne ha sia pronto a scagliare per primo la pietra.

Intendo, un poeta dalla mente eccelsa e dal cuore grande; un uomo legato al palco quanto alla parola scritta. Se lo togli dal suo elemento, mi sono accorto (non solo io) che vale ben poco. Non sa dirti quanto costa un litro di latte, come nemmeno sa intavolare un qualsiasi discorso banale. Se lo distacchi dal suo mondo che è la letteratura universale, diventa un niente balbettante.

Eppure, proprio per questa sua fragilità (per l’essere disadatto che è, e che pure io sono), posso finalmente riconoscerlo fratello. E quel patto, quel pugno di lettere tra noi intercorse, ora finalmente si ravviva come una fenice, e brucia, e scoppietta, nel riconoscerci finalmente folli di Dio.