La nicchia - numero 1 - Pieni di stelle e canto

Stamattina a Torino l’aria è fredda ‒ il cielo grigio e la pioggia interrompono sul nascere ogni velleità pronta a infrangersi nel tentativo impossibile di una qualsivoglia realizzazione.

Mi preparo un caffè, e l’atto assomiglia quasi a un rito. Metto i chicchi nella macchinetta, li trito, raccolgo col cucchiaino quella fine sabbia marrone e la riscaldo nella caffettiera; a fuoco lento. Pazientemente aspetto che il caffè salga bollente e fumoso, prima di assaporarlo.

Se ci penso, però, ogni cosa è un rito. Ogni atto officia ad altro, ha significato ben preciso. Tutto, insomma, ha valore immenso (nasconde sacrificio e sudore di fronte).

Pochi giorni fa siamo stati ad Ivrea, cittadina periferica, ma molto viva patriotticamente e culturalmente. La Dora Baltea sembrava un canale largo calmo e piano, mentre la lingua del centro cittadino si estendeva per una lunghissima via ricca di tradizione e insegne d’altri tempi. Un luogo dove poterci abitare, forse. Di sicuro, un rifugio per qualche poeta: “Ivrea la bellaˮ, cantava il Carducci.

Per la città passa anche la Via Francigena. Ne abbiamo visto i segni, i segnali per le stradine. Abbiamo scorto una coppia di camminanti, con zaino in spalla e bacchette alla mano.

Il suo castello è imponente. La tradizione vuole che ogni anno ‒ tra l’altro ‒ si svolga a Carnevale la famosissima battaglia delle arance.

Ma io e Abigail ‒ curiosi di bellezza e audaci nel cercarla, sfidando come sempre l’ignoto ‒ capitiamo davanti al Duomo: la Cattedrale di Santa Maria Assunta. Bellissima. Sotto di essa, forse la prima chiesa ‒ forse un tempio romano risalente al I secolo. Non c’è nessuno, entriamo. Ho con me in mano un libro di poesie di Osip Mandel’štam. Leggo, con voce roca e il più possibile silenziosa, forse per non disturbare, o forse quasi come a recitare una preghiera:

 

A cantare davvero

e in pienezza di cuore,

finalmente

tutto il resto

scompare: non rimane

che spazio, stelle e voce.

 

Ed è questo il senso di tutto, probabilmente. Ogni cosa ha valore immenso. Non resta che realizzare il proprio compito (qualsiasi esso sia) con “pienezza di cuoreˮ, di modo che ogni frattura, ogni dissapore o dissenso possa unicamente scomparire, per lasciare spazio a un luogo pieno di stelle e canto.

 

Giorgio Anelli