La nicchia - numero 22 - Il bianco è un colore che ha molto a che vedere con la letteratura

Bianco

Il bianco è un colore che ha molto a che vedere con la letteratura. Ogni volta questo colore all’apparenza neutro e inespressivo assume un significato ben specifico nelle mani di uno scrittore, pronto a evocare un ricordo, un’impressione, un dolore.

Col bianco si apre il romanzo Il primo dio di Emanuel Carnevali; il bianco è il suo primo ricordo, una luce bianca di sole illumina una stanza, una vecchia vestita di bianco, una strada bianca dove Emanuel inciampa e incomincia a perdere sangue dal naso. Questo è il bianco del principio, il candore che l’uomo, inevitabilmente, finirà col macchiare.

C’è il bianco che ossessiona La crociata dei bambini di Marcel Shwob, dove il lebbroso vestito di bianco si avventa su uno dei bambini per “succhiare sangue innocente” come un vampiro; ma quando gli domanda “Cos’è il tuo Signore?”, il bambino risponde “Non so. È bianco”. Il bambino non lo teme, il lebbroso è scosso: “Non ha avuto paura di me! La mia bianchezza mostruosa è per lui simile a quella del suo Signore”.

E mi piacerebbe aggiungere, a tutto questo bianco, quel nulla entro cui scompare ogni cosa trovato in una poesia di Giovanni Nadiani intitolata incubo italiano. Un bianco che non lascia speranza, che ferma ogni cosa, che blocca il paesaggio; è finalmente inverno dopo la terribile siccità, ma l’estate ancora ride, ci deride per come ci sentiamo sicuri, e invece siamo senza scampo.

Valerio Ragazzini

 

senza scampo


neve

sulla città

neve

sulla campagna

 

senza scampo

 

nell’inverno nevoso

a lungo sospirato

sotto il manto gelato

ogni cosa

giace al suo posto

rigida

immobile

 

senza scampo

 

finalmente

un po’ di pace

tutto bianco

ogni cosa

al suo posto

in questo freddo

questa neve

questo acquietante

strato di ghiaccio

da tempo voluto

da sempre sperato

con rabbia

dopo l’afosa

inquietante

opprimente

siccità dell’estate

pazza a suo modo

 

senza scampo

 

bianche le strade

i viali

le autostrade

i viottoli

e

nel nostro tepore

artificiale

rassicurante torpore

sorridiamo

impotenti

indifferenti

al solitario

giullare d’agosto

nel suo costume

variopinto

evanescente

nel paesaggio bloccato

privo di scampo

tutto bianco

 

farà ancora saltelli?

 

(per il momento

ci fa la lingua

e ci ride

in faccia).

 

– G. Nadiani, incubo italiano, in orme d’ombra, edizioni cooperativa guidarello Ravenna, Faenza, 1986.