La nicchia - numero 108 - Il pettirosso come soglia e misura del tempo

2025-12-22 21:16

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Rivista letteraria, valentina-meloni,

La nicchia - numero 108 - Il pettirosso come soglia e misura del tempo

Ancora su Emily Dickinson

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Se non fossi più in vita

quando torneranno i Pettirossi,

offri a quello dalla Cravatta Rossa

una briciola in mio ricordo.

 

E se non potessi dirti grazie,

assopita in un sonno profondo,

saprai che ancora cerco di farlo

dal mio labbro di granito.

 

 

If I shouldn't be alive

When the Robins come,

Give the one in Red Cravat,

A Memorial crumb.

 

If I couldn't thank you,

Being fast asleep,

You will know I'm trying

Why my Granite lip!

 

(F493)

 

******

La pettirossa è colei

che interrompe il mattino

con frettolosi – pochi – rapidi resoconti

quando marzo è appena iniziato –

 

La pettirossa è colei

che trabocca il meriggio

con la sua cherubica abbondanza –

in un aprile appena nato –

 

La pettirossa è colei

che, silenziosa, dalla sua nidiata

afferma che Casa – e Certezza

e Santità, sono il meglio.

 

 

The Robin is the One

That interrupt the Morn

With hurried - few - express Reports

When March is scarcely on -

The Robin is the One

That overflow the Noon

With her cherubic quantity -

An April but begun -

 

The Robin is the One

That speechless from her Nest

Submit that Home - and Certainty

And Sanctity, are best

 

F501 (1863) / J828 (1864)

 

****

 

Vieni e mostra il tuo petto di Durham

a colei che più t'ama

delizioso Pettirosso -

e se non a me

almeno entro il raggio del mio Albero

fai la dichiarazione -

la tua nuziale così minuta

forse è più astuta

di un più ampio corteggiamento -

Perché a involarsi così

siamo propensi

il giorno seguente -

 

 

Come show thy Durham Breast

To her who loves thee best

Delicious Robin -

And if it be not me

At least within my Tree

Do the avowing -

Thy Nuptial so minute

Perhaps is more astute

Than vaster suing -

For so to soar away

Is our propensity

The Day ensuing -                 

 

PJ1542 (1882) / F1572 (1882)

 

 

Le tre poesie mostrano come il pettirosso diventi in Emily Dickinson una figura mobile e stratificata, capace di tenere insieme morte e ritorno, tempo stagionale e tempo interiore, domesticità e desiderio.

 

Nel primo testo (F493) If I shouldn't be alive il pettirosso è innanzitutto un messaggero oltre la soglia della morte. Il suo ritorno primaverile coincide con l’eventualità dell’assenza definitiva dell’io poetico: se la voce non sarà più “in vita”, il gesto minimo di offrire una briciola al pettirosso dalla “Cravatta Rossa” diventa atto memoriale. L’uccello non è simbolo astratto, ma presenza concreta, riconoscibile, quasi personale. In questo contesto, il pettirosso è ciò che continua quando la parola umana tace: la gratitudine non detta passa dal corpo al mondo, dal “labbro di granito” della tomba alla ciclicità naturale. La natura, qui, non consola: prosegue, e proprio per questo custodisce la possibilità di una comunicazione residuale, obliqua, affidata al rito minimo.

 

Nel secondo componimento (F501 / J828) The Robin is the One il pettirosso assume una funzione più ampia e corale: è misura del tempo e garante di senso. Interrompe il mattino di marzo con “rapidi resoconti”, trabocca il mezzogiorno di aprile con una “abbondanza cherubica”, e infine, silenzioso dal nido, afferma un sistema di valori: Casa, Certezza, Santità. La figura dell’uccello diventa qui quasi normativa, non per autorità ma per evidenza naturale. Il pettirosso non predica, non argomenta: mostra. È una creatura liminale tra il movimento (canto, volo) e la stasi (nido), e proprio per questo può incarnare una verità non retorica, fondata sull’esperienza. La sua “santità” non è trascendente, ma domestica: nasce dall’aderenza assoluta tra essere e luogo.

 

Nel terzo testo (PJ1542 / F1572) Come show thy Durham Breast il pettirosso entra invece in una dimensione apertamente relazionale ed erotica, seppure secondo la misura ellittica tipica di Dickinson. Il “petto di Durham”, nominato con precisione sensuale, è offerto come segno nuziale; il corteggiamento è “minuto”, astuto, più efficace di una dichiarazione ampia e solenne. Il desiderio, come il volo del pettirosso, è rapido e sfuggente, e l’io poetico riconosce in questa fugacità una legge condivisa: “involarsi” è la propensione del giorno seguente. L’uccello diventa così figura dell’amore possibile ma non trattenibile, di un’intimità che si consuma nel gesto e non nella durata.

 

Nel loro insieme, queste poesie mostrano come il pettirosso non sia mai un semplice elemento naturalistico. È ponte: tra vita e morte, tra tempo umano e tempo stagionale, tra casa e desiderio. In Emily Dickinson, il pettirosso è una creatura di confine che canta, appare, scompare ‒ e in questa intermittenza rende visibile una verità profonda: ciò che conta non è la permanenza, ma l’intensità del segno lasciato nel mondo.

 

Le traduzioni e l'articolo sono a cura di Valentina Meloni

 

 

 

 

 

 

 

 

Giorgio Anelli

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